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La terapia radiorecettoriale migliora la sopravvivenza col tumore della prostata

Oncologia Redazione DottNet | 03/01/2022 16:39

Da gennaio saranno reclutati i pazienti candidabili al trattamento, anche all’interno di un nuovo studio clinico

“La terapia radiorecettoriale migliora la sopravvivenza e la qualità di vita nei pazienti con tumore della prostata in stadio avanzato”. E’ questa la buona notizia arrivata da una nota dello IEO, l’Istituto Europeo di Oncologia con sede a Milano. A confermarlo sono i dati della Medicina Nucleare della struttura, che da gennaio “recluterà i pazienti candidabili al trattamento, anche all’interno di un nuovo studio clinico”.

In cosa consiste questa terapia? Il principio d’azione della terapia radiorecettoriale, spiegano gli esperti, consiste nelle proprietà del PSMA (acronimo di Antigene Prostatico Specifico di Membrana), ovvero “una proteina che si trova a livelli elevati in oltre il 95% dei tumori della prostata e che è individuata da specifici radiofarmaci legati ad un metallo raro, il Gallio”.  Fornendo alle molecole di Gallio una lieve carica radioattiva si può ottenere “un tracciante, rilevabile dall’esame PET, in grado di individuare le cellule che contengono il PSMA, segnalando la presenza del tumore in tutte le sue sedi”.  Si tratta di un esame non invasivo, che non comporta alcun rischio per il paziente e che si svolge per mezzo di un radiofarmaco, somministrato per via endovenosa nell'avambraccio. Il farmaco, quindi, come una lampadina accesa, “illumina” le cellule a cui si lega, evidenziando così la presenza di eventuali patologie. Il principio di funzionamento della PET con PSMA, hanno spiegato gli specialisti, ha dimostrato maggiore sensibilità e accuratezza, rispetto alle tecniche convenzionali, nel localizzare il tumore, determinando il suo stato di avanzamento.  “La terapia radiorecettoriale rappresenta la più promettente innovazione degli ultimi 10 anni per la cura dei carcinomi prostatici avanzati”, ha commentato Francesco Ceci, direttore della Medicina Nucleare di IEO. “Fino ad ora la metodica è stata utilizzata principalmente nel trattamento dei tumori neuroendocrini, con buoni risultati. Ora, con l’applicazione al primo big killer dell’uomo, la terapia sarà perfezionata e sviluppata, offrendo i suoi indubbi vantaggi a un maggior numero di malati oncologici”, ha detto ancora.

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Lo stesso IEO, ha concluso Ceci, “si posiziona tra i primi centri in Italia nella teranostica, vale a dire l’uso degli isotopi radioattivi sia per la diagnosi che per la cura dei tumori, ma in tutto il mondo questa affascinante disciplina ha ancora potenzialità enormi da sviluppare”. Confermando come l’applicazione al tumore della prostata rappresenti “un importante passo avanti in questa direzione” e come l’Istituto Europeo di Oncologia sia “pronto a dare un contributo fondamentale”. Come confermato da Roberto Orecchia, direttore scientifico dello IEO, “è stato creato un team multidisciplinare che comprende ricercatori e medici esperti in tutte le discipline che insieme si fanno carico del paziente che si trova ad affrontare una diagnosi di cancro alla prostata. Con strumenti e tecniche di dry lab (le immagini) e wet lab (le provette) il team ha l’obiettivo di offrire a tutti i pazienti la medicina di precisione, vale dire il miglior trattamento possibile per ogni persona, utilizzando gli strumenti più avanzati, come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata”, ha spiegato.

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